Ci sono poeti che incontrano la poesia, un giorno, e quel giorno cambia il loro destino. Nessuno è mai riuscito a spiegarlo, forse perché – come succede con le cose più belle della vita – non ha spiegazione possibile. “Se potessimo comprendere un solo fiore sapremmo chi siamo e cos’è il mondo”, azzarda Borges, citando Tennyson.
Salvino, che per me continua ad essere un mistero (uno di quelli che non cerco di decifrare, ma che ringrazio per il dono di potergli essere vicino), questo incontro non l’ha mai fatto.
Si potrebbe dire che è nato con la poesia dentro. Oppure che la poesia è nata con Salvino intorno. (Scherzo, ma mica tanto).
Avrebbe potuto fare qualsiasi mestiere, vivere altre cento vite, chiamarsi in mille modi diversi, Salvino. Il suo destino sarebbe stato poetico.
Lo sappiamo tutti quelli che lo abbiamo incontrato, un giorno. Quelli che abbiamo sentito la sua voce, il suo vibrare, il suo sguardo, quel dono della tenerezza che si intrufola tra i capelli, come un carezza d’aria tiepida.
Mi sveglio il mattino
(a volte)
con gli occhi pieni di parole
Succede anche a me. Le parole di Salvino. Da ascoltare con la pelle.
Milton Fernández
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